Quando sono iniziate le tensioni Russia-Ucraina?
Le tensioni Russia-Ucraina non sono una novità. Il conflitto è iniziato nel 2014 con l’annessione della Crimea.
L’episodio dell’occupazione militare della Crimea si sviluppò in due fasi. Una interna e una militare con il coinvolgimento diretto della Russia. Ripercorrere gli eventi è sicuramente utile.
Alla fine del 2013, larghe manifestazioni di popolo si sollevarono contro il governo del presidente filorusso Janukovyc. Egli aveva deciso di rinviare la firma di un Accordo di Associazione tra Ucraina e Unione Europea. Le tensioni interne durarono settimane. Iniziarono gli scontri armati tra manifestanti e polizia, che culminarono con la fuga in Russia del presidente Janukovyc, esautorato da parte del Parlamento ucraino. Il 26 febbraio 2014, come reazione, l’esercito russo iniziò l’occupazione militare della penisola di Crimea.
Dopo pochi giorni, la regione era già sotto il controllo russo. L’11 marzo si tenne il referendum che sancì unilateralmente l’indipendenza della Crimea dall’Ucraina.
L’ultimo capitolo della storia fu l’approvazione di una risoluzione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il referendum fu dichiarato invalido.
Da allora, sulla Russia incombono una serie di sanzioni e restrizioni che sono ormai diventate parte di un “normale” funzionamento dei mercati.
Cosa sta accadendo ora al confine Russo-Ucraino?
A novembre dello scorso anno le tensioni Russo-Americane sul tema dell’Ucraina si sono riaccese. Immagini satellitari mostravano un importante raggruppamento di truppe russe ai confini dell’Ucraina.
L’amministrazione Biden minaccia sanzioni severe in caso di attacco all’Ucraina. Putin chiede che la NATO non ammetta l’Ucraina nell’alleanza atlantica.
Il quadro peggiora venerdì scorso quando fonti americane assicurano che la Russia sia pronta ad attaccare l’Ucraina già questa settimana. Poi lunedì 21 febbraio la crisi tra Russia e Ucraina si è inaspettatamente inasprita.
Dopo settimane di lavoro febbrile da parte delle diplomazie internazionali e un’alternanza impressionante di indiscrezioni proclami e notizie contrastanti, il presidente russo Vladimir Putin ha riconosciuto con un decreto l’indipendenza delle repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk, nel Donbass, che formalmente fanno parte del territorio ucraino, ma dal 2014 sono occupate da separatisti filorussi appoggiati dal Cremlino.
Stati Uniti e Unione Europea hanno annunciato nuove sanzioni nei confronti della Russia, e nella notte c’è stato un incontro molto teso del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Guerra in Ucraina: la reazione dei mercati
La reazione dei mercati in caso di guerra in Ucraina la stiamo già osservando. I movimenti osservati sono quelli tipici di una fase di risk-off:
- l’oro è in rialzo del 4%, il brent del 7.5% (98.3 $/barile) e il gas naturale europeo (TTF) del 5%;
- I titoli più rischiosi come le azioni growth (ad elevata crescita) e i tecnologici vengono abbandonati a favore di titoli più stabili e difensivi;
- l’Euro Stoxx 50 sta lasciando sul terreno poco più del 5% e l’S&P 500 circa il 3%, con il VIX (indice che misura la volatilità sui mercati) che punta nuovamente verso quota 30;
- gli asset russi sono stati severamente colpiti, con un calo di oltre il 21% per la borsa e di circa il 5% per il rublo nei confronti del dollaro (da fine ottobre 2021 – momento in cui si sono riaccese le tensioni – le variazioni sono rispettivamente di -32% e -12%)
- le valute rifugio registrano modesti apprezzamenti con il dollaro quasi invariato.
Borsa Italiana ha aperto subito con il -3,72% dopo l’escalation. Non si segnalano titoli in rialzo, solo vendite e con punte alte sui bancari come Banco Bpm (-4,96%), Unicredit (-4,49%), Intesa Sanpaolo (-4,1%), Banca Mediolanum (-3,81%).
Cedono i bancari anche perché una delle prime sanzioni che verrà applicata dall’Unione Europea alla Russia, in caso di aggressione all’Ucraina, sarà la chiusura dei rubinetti bancari alle banche russe. La Bce cesserà l’operatività delle banche russe isolandola finanziariamente, di conseguenza tutte le attività economiche tra Russia e paesi dell’Unione Europea cesserebbero di colpo.
Ci sarà davvero una guerra?
La situazione è in rapida evoluzione. Le banche centrali sviluppate hanno recentemente segnalato preoccupazioni per le pressioni inflazionistiche dovute in grande misura alla componente energetica, di cui la Russia è massimo produttore europeo. Le prospettive di instabilità in Ucraina giocano un importante ruolo nell’ambito delle esportazioni di materie prime, in questo caso più legate all’agricoltura. L’Ucraina è uno dei maggiori produttori mondiali di mais e grano. Russia e Ucraina insieme garantiscono quasi un terzo del commercio mondiale. La Russia è già stremata economicamente dalle sanzioni che le sono state applicate e un’ondata di nuove sanzioni avrebbero un costo elevato per la popolazione russa e andrebbero ad aumentare la già elevata ineguaglianza nella distribuzione della ricchezza.
In questi anni chi ha un po’ di militanza sui mercati ha gia’ visto guerre vere e mediatiche molto simili a questa. E’ possibile che si arrivi ad una soluzione diplomatica in extremis. In ogni caso è bene ricordare come sono andate le cose in caso di conflitto: i mercati hanno sempre avuto correzioni importati prima della effettiva “dichiarazione di guerra” per poi stabilizzarsi e successivamente recuperare le perdite, alcune volte anche in tempi relativamente brevi. Per i mercati: “il tempo è galantuomo”!
Nella maggioranza dei casi i mercati odiano l’incertezza, percio’ preferiscono il noto, la certezza, anche in caso di guerra.
Davvero conviene a Putin invadere l’Ucraina? E l’Europa come risponderebbe?
A nessuno degli attori in gioco conviene un conflitto. La Germania non è disposta a mandare nemmeno armi e forse si limiterà a un prestito economico all’Ucraina per acquistarne.
L’Italia si è affrettata a garantirsi le forniture di gas dalla Russia, dal momento che dipendiamo da quella “canna” per oltre il 40%.
Biden ha addirittura ritirato i militari addestratori (non solo i civili) presenti sul suolo ucraino.
Le sanzioni annunciate dagli Usa sono di entità modesta rispetto alle attese. L’impressione è che stiano cercando di convincere Putin a fermarsi.
Un’invasione vera e propria dell’Ucraina non è nell’interesse della Russia, ed è probabile che l’Occidente continuerà a minimizzare la questione finché l’occupazione resterà limitata alla regione del Donbass, preferendo le sanzioni economiche a un’escalation militare.
E’ importante sottolineare che i rischi di un’invasione vera e propria sarebbero molto seri. Gli Stati Uniti difficilmente potrebbero ignorarla, perché rischierebbero di perdere credibilità. Da un lato, infatti, apparirebbero incapaci di difendere i confini NATO (la Polonia, altamente anti-Russia, si troverebbe le truppe di Putin al confine). Dall’altro, darebbero un segnale di grande debolezza alla Cina sulla questione Taiwan.
Investire in Russia puo’ essere consigliato?
Dai dati evidenziati sopra, attualmente il listino russo è a sconto del 20-30% rispetto ai valori storici. Apparentemente potrebbe sembrare il miglior posto in cui investire, ma le questioni geopolitiche e le iniziative politiche ed economiche del governo russo scoraggiamo gli investitori istituzionali. Fino ad ottobre la borsa russa era salita ad un passo più che doppio rispetto alla media delle borse mondiali. Il rialzo era trainato, soprattutto, dai titoli dell’energia (Gazprom) e delle materie prime. Gazprom pesa per il 20% sulla borsa di Mosca. Il listino è molto concentrato su petroliferi e materie prime. Questo puo’ rappresentare un punto di forza in questo momento, ma nel tempo può diventare una debolezza (una elevata concentrazione su pochi settori significa maggiore rischio). La crescita economica prevista per il 2022 è bassa (pari all’1%) senza considerare eventuali nuove sanzioni. Pur essendo un gigante militare e per estensione territoriale, da un punto di vista economico è un nano: il peso dell’indice russo sull’indice mondiale è praticamente irrilevante.
Investire su questo mercato va valutato con attenzione, se si decide di farlo, con un peso basso in considerazione del rischio elevato.